Plutone della Valle del Cervo
Durante l’Oligocene, nell’Era Terziaria, ha avuto luogo il magmatismo oligocenico periadriatiatico che è un evento di breve durata (circa 5 milioni di anni) e si manifesta con plutoni, filoni e vulcaniti esposti lungo una fascia che segue il Lineamento Periadriatico. Questo evento ha un’età di 33-29 milioni di anni ed è avvenuto durante l’orogenesi alpina, nelle fasi avanzate della collisione continentale tra le placche europea e adriatica, nella fase finale tardorogenica e in condizioni distensive; è successivo alla fase principale di strutturazione della catena alpina, poiché è esente da metamorfismo. La perturbazione termica, durante il processo convergente della fase mesoalpina (Eocene-Oligocene inferiore), ha facilitato lo sviluppo di un ciclo eruttivo collisionale chiamato, appunto, magmatismo periadriatico disposto secondo una fascia che segue il Lineamento Periadriatico con la formazione dei plutoni oligocenici di Traversella, Biella, Bregaglia, Adamello, Vedretta di Ries e Pohorje (GASPERI, 1995). Per quel che riguarda la geologia del Biellese e zone limitrofe, ai plutoni di Traversella e di Biella (Plutone della Valle del Cervo) va aggiunto anche il Plutone di Miagliano. Il magmatismo periadriatico è stato chiamato in questo modo con significato geografico in quanto le rocce di età oligocenica che ne costituiscono l’espressione sono presenti lungo il lineamento omonimo; le grandi linee di frattura del Lineamento Periadriatico, invece, sono neogeniche (evento neoalpino) e i movimenti indotti dal sistema di faglie sono la causa della deformazione dei corpi eruttivi e della loro dislocazione laterale rispetto alle primitive sorgenti (DAL PIAZ, 1992). Il Lineamento Periadriatico, noto anche come Linea Insubrica, è un’importante lineamento tettonico che attraversa le Alpi da ovest a est; inizia in Piemonte, nel Canavese, attraversa la Lombardia passando per la Valtellina, prosegue nella zona del Tonale fino ad arrivare in Val Pusteria, con un decorso di circa 1.000 km. Questo lineamento a seconda dei settori geografici attraversati assume nomi diversi, nel segmento più occidentale, Biellese compreso, viene denominato Linea del Canavese. I plutoni di Traversella e della Valle del Cervo sono intrusi nelle rocce della Zona Sesia-Lanzo (Austroalpino), invece quello di Miagliano è intruso nelle rocce basiche della Zona Ivrea-Verbano (Sudalpino) non lontano dalla Linea del Canavese. Il magmatismo oligocenico periadriatico nel Biellese si manifesta oltre che con i plutoni della Valle del Cervo e di Miagliano anche con coperture vulcaniche (Serie vulcano-detritica di Biella) costituite da andesiti; queste coperture costituiscono un lembo di depositi vulcano-sedimentari che rappresentano gli episodi superficiali dell’evento magmatico. Oltre alle lave andesitiche sono presenti anche livelli clastici di origine piroclastica o dovuti a processi erosivi, che hanno disgregato e asportato una parte dei depositi vulcanici originari. Al sistema di alimentazione vulcanica appartengono i filoni andesitici che costituiscono un apparato filoniano e sono presenti nel basamento Sesia-Lanzo e in misura minore anche in quello Sudalpino; essi hanno uno spessore limitato e raramente una notevole estensione. Dal punto di vista petrografico e geochimico i filoni corrispondono alle andesiti, infatti, sono masse di lava intruse nelle fessure delle rocce incassanti, ma hanno una tessitura diversa con cristalli di dimensioni maggiori che indicano un raffreddamento in condizioni intrusive superficiali e cristallizzazione lenta tipica delle rocce filoniane. Le andesiti sono frutto di manifestazioni magmatiche esplosive, dal punto di vista geochimico rientrano insieme ai filoni ad esse collegati nella serie calcalcalina alta in potassio; occupano una stretta fascia, in genere inferiore al chilometro, ma estesa in senso longitudinale per circa 22 km, con struttura compressa e scagliata, dovuta alle fasi transpressive neoalpine, e delimitata internamente dalla Linea del Canavese; durante il sollevamento della catena alpina neogenico-quaternario l’erosione ha asportato buona parte delle coperture vulcaniche, in origine più estese e le sequenze vulcaniche oligoceniche del Biellese sono le uniche preservate nel settore italiano delle Alpi (DAL PIAZ, 1992). I plutoni si sono formati in profondità nella crosta terrestre, mentre le rocce filoniane si sono formate ad una profondità modesta e ora tutte queste rocce sono esposte a seguito del sollevamento della catena alpina e dell’erosione (fig. 1).
Nello studio condotto da BERGER et al. (2012b) la combinazione di dati magmatici, strutturali e di tracce di fissione viene utilizzata per svelare la tettonica superficiale dell'Oligocene/Miocene nelle Alpi Occidentali interne; in particolare, viene presa in considerazione l’esumazione singola e doppia di blocchi di faglia nell'interno della Zona Sesia-Lanzo e della Zona Ivrea-Verbano durante l'Oligocene/Miocene. Gli autori suddividono le due unità tettoniche in porzioni, chiamate blocchi, definite in base ai loro distinti percorsi di esumazione. Le manifestazioni del magmatismo oligocenico periadriatico, riguardanti il Biellese, sono parte integrante dell'evoluzione tettonica di due di questi blocchi, il Blocco Cervo e il Blocco Sessera-Ossola. Il Blocco Cervo di forma lenticolare si estende dalla Valle di Locana, a nord-ovest di Torino, all'alta Val Sessera; contiene sia il Plutone di Traversella che quello della Valle del Cervo e le rocce della Serie vulcano-detritica di Biella. Il Blocco Sessera-Ossola contiene il Plutone di Miagliano e si estende da Biella alla Val d'Ossola e probabilmente sino a Locarno. Lo studio ha permesso di delineare un’evoluzione tettonica che ha avuto inizio nel Rupeliano inferiore, con l'intrusione del Plutone di Miagliano nelle rocce gabbriche permiane, 33 milioni di anni fa, a una profondità compresa tra 12 e 15 km e l'estrusione delle rocce andesitiche su una regolite di rocce della Zona Sesia-Lanzo 32,5 milioni di anni fa. L’evoluzione tettonica è proseguita con la rotazione in senso orario dei due blocchi di crosta citati, attorno alla Linea del Canavese, dovuta a un’estensione crostale locale superiore. La rotazione del Blocco Cervo (Zona Sesia-Lanzo) ha comportato il seppellimento, a una profondità di circa 5 km, della paleosuperficie dell’Oligocene inferiore con la copertura di rocce vulcaniche superficiali; questo evento ha preceduto l’intrusione, in questo blocco, del Plutone della Valle del Cervo che è avvenuta 30,5 milioni di anni fa; si spiegherebbe così il fatto che attualmente la distanza minima tra quest’ultimo plutone e le rocce vulcaniche sia di soli 700 metri (Valle Cervo), nonostante che l’intrusione sia avvenuta ad una profondità stimata di 5-7 km; la vicinanza tra il plutone e le rocce vulcaniche, portate in profondità dalla rotazione, ha dato modo alle vene idrotermali legate all'intrusione, di tagliare trasversalmente la Serie vulcano-detritica di Biella. La rotazione del Blocco Cervo è avvenuta tra la messa in posto della Serie vulcano-detritica di Biella e l’intrusione del Plutone della Valle del Cervo e quindi in un tempo di soli due milioni di anni. La rotazione rigida, di circa 60° del Blocco Cervo, ha interessato gli 8-10 km superiori della crosta e comportato il sollevamento correlato del Blocco Sessera-Ossola (Zona Ivrea-Verbano) entro il quale nel Rupeliano inferiore, 33 milioni di anni fa, si è intruso Plutone di Miagliano. In un tempo di due milioni di anni, geologicamente breve, i due blocchi hanno condiviso un destino caratterizzato da un movimento rotatorio, lungo un asse orizzontale; questo movimento ha portato, nel tardo Rupeliano, i livelli crostali contenenti i rispettivi plutoni ad essere giustapposti allo stesso livello anche se il Plutone di Miagliano si è intruso a 12-15 km di profondità (fig. 2). A partire dall’Aquitaniano e per tutto il Miocene è avvenuta la riesumazione dell’intera porzione delle Alpi occidentali compresa tra la Linea Canavese e il Fronte Pennidico, e anche del Blocco Sessera-Ossola. Gli autori stimano che nel tratto di Linea del Canavese che va dalla Valle dell'Elvo alla Val Sessera la fascia milonitica abbia uno spessore variabile da 10 a 300 metri; il melange tettonico è costituito da rocce fortemente deformate provenienti dalla Zona Sesia-Lanzo, dalla Zona Ivrea-Verbano e dalla Zona del Canavese. Gli eventi di deformazione alpina sono la causa della formazione delle rocce di faglia; l'inizio dello sviluppo di queste rocce viene fatto risalire alla subduzione e all'esumazione della Zona Sesia-Lanzo (dal tardo Cretaceo al Paleocene). L'ulteriore convergenza ha prodotto nuove miloniti derivate dalle unità tettoniche citate formando quindi un melange tettonico con rocce di diversa provenienza. Queste fasi sono antecedenti al Rupeliano inferiore e quindi all'inizio della messa in posto delle rocce magmatiche oligoceniche. L'evoluzione spazio-temporale successiva con l'estrusione delle rocce vulcaniche e la rotazione dei blocchi crostali è avvenuta attorno alla Linea del Canavese interessando anche le rocce vulcaniche e le miloniti già formate; a prova di ciò gli autori citano lo sviluppo di una debole foliazione nella matrice cloritica a grana fine delle andesiti in Val Sessera. L'ultimo evento di deformazione tettonica è correlato all'esumazione dei blocchi crostali a partire dall’Aquitaniano con la formazione delle relative cataclasiti.
Nello studio condotto da BERGER et al. (2012a) si considera che tra l'Alta Val Sessera e la Valle dell'Elvo sono presenti numerosi dicchi di notevole diversità composizionale che intersecano le diverse unità tettoniche. Lo studio di alcuni di essi sia shoshonitici che calcalcalini ha permesso agli autori di stabilire una cronologia magmatica, che inizia, nel Rupeliano inferiore, con una prima serie di dicchi shoshonitici che hanno intruso la Zona Sesia-Lanzo prima della messa in posto dell'andesite calcalcalina; i dicchi basaltico-calcalcalini nella Zona Ivrea-Verbano sembrano essere strettamente correlati all'intrusione del Plutone di Miagliano e con le rocce vulcaniche andesitiche calcalcaline della Serie vulcano-detritica di Biella di età rupeliana media (32,5-32,9 milioni di anni). Il Plutone di Miagliano con le sue caratteristiche mineralogiche e geochimiche, così come la Serie vulcanico-detritica di Biella, i dicchi calcalcalini e il Plutone di Traversella si inseriscono nel percorso di differenziazione calcalcalina delle Alpi Occidentali; l'attività calcalcalina è associata al magmatismo di subduzione con la fusione parziale del mantello idratato e impoverito che ha subito il frazionamento magmatico e l'assimilazione di materiali crostali. L'intrusione del plutone calcalcalino di Miagliano nelle rocce della Zona Ivrea-Verbano (33 milioni di anni) è coeva, dal punto di vista geologico, dell'estrusione delle rocce vulcaniche calcalcaline sulla superficie della Zona Sesia-Lanzo che risultano insignificatamente più giovani. Il Plutone della Valle del Cervo si è intruso 30,39±0,50 milioni di anni fa, è un'intrusione composita, composta da unità ordinate concentricamente, e varia in composizione dalla monzonite al granito con una chiara affinità alcalina; esso è più giovane del Plutone di Miagliano di circa 2,5 milioni di anni, ed è dovuto ad un secondo impulso di magma shoshonitico che ha fatto seguito, 2 milioni di anni dopo, alla prima attività shoshonitica costituita dalla serie di dicchi sopracitati, che hanno intruso la Zona Sesia-Lanzo; la prima attività shoshonitica si è manifestata prima della formazione della regolite nel Rupeliano inferiore e ha preceduto l'attività calcalcalina; gli edifici vulcanici di entrambe le serie magmatiche sono stati esposti contemporaneamente allo stesso livello erosivo. Rocce vulcaniche di affinità calcalcalina e shoshonitica coesistono nel conglomerato epiclastico della Serie vulcano-detritica di Biella insieme a clasti della Zona Sesia-Lanzo a dimostrazione che tutte e tre le unità erano presenti sulla superficie di erosione rupeliana. La geochimica della roccia massiva degli elementi principali e gli isotopi radiogenici del Plutone della Valle del Cervo indicano una fonte del mantello per le fusioni primarie seguite dal frazionamento magmatico. La fusione alcalina primitiva è dovuta all'esistenza di una porzione di mantello fortemente metasomatizzata nella placca superiore della zona di subduzione. KAPFERER et al. (2012) evidenziano la differenza tra l'evoluzione calcalcalina e quella alcalina; le rocce alcaline derivano da una fusione parziale del mantello terrestre e le diverse unità del Plutone della Valle del Cervo vengono interpretate come il prodotto di una cristallizzazione frazionata da un fuso monzonitico. Questa evoluzione magmatica e la tempistica dell'intrusione del Plutone della Valle del Cervo sembrano escludere una genetica magmatica in rapporto diretto con la Serie vulcano-detritica di Biella. Gli autori considerano che l'espressione cartografica pressoché concentrica delle diverse unità del Plutone della Valle del Cervo, in combinazione con profonde incisioni vallive, indicano contatti verticali all'interno del plutone e con le rocce incassanti; ne consegue che l'attuale geometria delle rocce può essere considerata come quella originale e che la rotazione della porzione di Zona Sesia-Lanzo è stata anteriore all'intrusione magmatica e ha interessato solamente la Serie vulcano-detritica di Biella e il suo substrato. Nello studio si ritiene che per il blocco crostale e la Serie vulcano-detritica di Biella, dopo il seppellimento rupeliano, sia iniziato il sollevamento durante l'Aquitaniano, rimanendo tuttavia in profondità per quasi tutto il Miocene per poi iniziare ad essere riesumati in superficie durante il Messiniano.
Fig. 1. Magmatismo Periadriadico; le andesiti sono indicate con le frecce rosse, i plutoni con le frecce blu (da DAL PIAZ, 1992, p. 68, modificato).
Fig. 2. Schema che illustra l'evoluzione tettonica avvenuta durante il Rupeliano (da BERGER et al., 2012b, p. 1888).
Il Plutone della Valle del Cervo è uno dei corpi eruttivi più famosi delle Alpi occidentali per la presenza della sienite violacea coltivata sin dall'antichità; ha una forma subcircolare, una superficie di circa 35 km² ed è inciso diagonalmente dalla Valle del Cervo che ha una direzione da nord-ovest a sud-est (DAL PIAZ, 1992). Il plutone è approssimativamente centrato in Campiglia Cervo e le rocce oltre a essere presenti nella valle da cui ha preso il nome, affiorano anche in Valle Oropa e in Val Sessera; ha la sua massima estensione superficiale lungo una linea diagonale di circa 8,8 km, in linea d'aria, che si estende da Oropa (sud-sud-ovest) alle pendici di Colma del Balmello (nord-nord-est) in Val Sessera, mentre lungo la Valle del Cervo si estende da Fraz. Bogna a oltre Rosazza. Il Plutone della Valle del Cervo è descritto da DAL PIAZ (1992) come un corpo eruttivo con composizione eterogenea e struttura subconcentrica; è formato da un anello esterno, predominante, dove prevalgono quarzomonzoniti con plagioclasio, grandi lamine di biotite, pirosseno e talora orneblenda; queste rocce presentano numerosi inclusi delle rocce incassanti e rari nuclei femici. L'anello mediano è sienitico, largamente discontinuo, formato da due corpi di monzosieniti e quarzosieniti a feldspato potassico, plagioclasio, quarzo, biotite, anfibolo e pirosseno; le sieniti contengono qualche incluso femico a grana fine, hanno un tipico colore violaceo e appaiono spesso foliate. Il nucleo è granitico, di composizione monzogranitica, caratterizzato da abbondanti cristalli pluricentimetrici di feldspato potassico, biotite e talora orneblenda ed è ricco di inclusi femici grigio scuri a grana fine; questa roccia ha carattere porfirico e la massa è intrusa da numerosi filoni di apliti, micrograniti e subordinate pegmatiti e ha colore bianco nella zona centrale e rosa-rossiccio alla periferia. STAGLIANÒ (2015) nel descrivere la parte più interna del plutone, quella formata da granito biancastro, riferisce della presenza molto comune di porzioni scure da pochi centimetri a parecchi metri costituite da frammenti di dicchi mafici a grana fine di colore grigio scuro. Nello studio condotto da FIORENTINI POTENZA (1959) sono descritti filoni aplitici e pegmatitici, i primi molto più diffusi dei secondi; sono descritte anche manifestazioni filoniane tardive interne costituite da filoni metalliferi. Nello studio sono state distinte e cartografate tre unità petrografiche principali: una granitica costituita dal nucleo e formata da granito biancastro circondato da un potente anello di granito alcalino rosa porfirico, che occupa poco più del 20% dell'area totale di affioramento del plutone; una unità sienitica che circonda in parte la precedente, formata da sienite normale, grigio-viola, anfibolica (sienite della Balma) e da sienite grigia anfibolico-biotitica che si sviluppa complessivamente per poco più del 20% dell'area plutonica; infine un complesso eterogeneo formante la terza unità, che forma una spessa corona che completa esternamente il plutone e ne occupa circa il 55% della superficie; quest'ultima unità è formata da facies monzonitiche e monzosienitiche e da altre facies diverse sia per struttura che per composizione chimico-mineralogica (fig. 3).
Fig. 3. Distribuzione delle unità petrografiche del Plutone della Valle del Cervo (da FIORENTINI POTENZA, 1959, Tav. I).
Lo studio petrografico condotto da PEYRONEL PAGLIANI (1961) prende in considerazione la formazione monzonitica nella parte occidentale del Plutone della Valle del Cervo. Lo studio evidenzia che nella parte centrale del plutone le variazioni di facies sono in genere abbastanza nette e definite, mentre nella corona più esterna costituita in gran parte da rocce a chimismo monzonitico, perdono questa caratteristica; in questo settore, infatti, le facies variano con facilità con passaggi quasi insensibili di colore, grana e struttura e talvolta sfumano una nell'altra; le rocce presentano una progressiva diminuzione del colore violaceo del feldspato potassico, caratteristico della sienite alla quale conferisce il colore, e nella parte più esterna hanno grana più minuta, sono di colore grigio con il feldspato incolore. Nella parte nord-occidentale e occidentale del plutone sono più diffuse le monzoniti grigie a grana da media a minuta e sono presenti in misura maggiore rispetto alla parte sienitica, le tessiture orientate; l'orientazione è data dai feldspati che si presentano in forma di individui allungati e tabulari sino a formare strutture nettamente fluidali. Sono monzoniti biotitiche con contenuto variabile di pirosseno e anfibolo. La biotite è sempre presente, generalmente in elevate percentuali, mentre l'anfibolo e il pirosseno si alternano e si sostituiscono reciprocamente. La monzonite oggetto di studio risulta composta da biotite, pirosseno, anfibolo, plagioclasio andesinico, pertite ortoclasica e quarzo che risulta interstiziale e abbastanza raro; i minerali accessori sono apatite, titanite, zircone, pirite e ossidi di ferro e rarissima ortite. Monzoniti biotitico-pirosseniche scure, a grana minutissima, che affiorano in due ristrette zone marginali, una nella Valle del Torrente Pragnetta, l'altra lungo un breve tratto dello spartiacque tra la Valle Cervo e la Valle Oropa sono risultate riccamente tormalinizzate. Una roccia si differenzia dalle altre descritte e affiora in Valle Oropa in una zona di limitata superficie; si tratta di una roccia di colore grigio rosato, a struttura trachitica, formata quasi esclusivamente da grandi cristalli tabulari di feldspato rosato bruno immersi in un feltro di di individui feldspatici allungati e orientati; è quasi priva di elementi femici rappresentati da masserelle verdognole riferibili a pirosseno. Filoni aplitici e pegmatitici nelle monzoniti non sono rari e al margine sud del plutone, lungo il corso del Torrente Cervo sono stati ritrovati inclusi basici nella monzonite con ogni probabilità autigeni. Tormalina verde scuro, quasi nera, in sottili aghi è presente nelle fratture e nelle litoclasi che si aprono nelle monzoniti grigie non tormalinifere, soprattutto nella Valle del Torrente Pragnetta dove sono presenti numerose faglie radiali; queste faglie, di piccola entità, sono l'espressione di fenomeni dinamici, non molto estesi, ma che presentano fenomeni di milonitizzazione. Per quel che riguarda i fenomeni di diaclasi, le monzoniti sono caratterizzate, da tre diversi ordini di fissilità, probabilmente collegati al raffreddamento del plutone. SCHIAVINATO (1972) nello studio dedicato al plutonismo e vulcanismo sul versante italiano delle Alpi centrali ed orientali, fa cenno al Plutone della Valle del Cervo e alla presenza di una faglia trasversale alla Linea del Canavese che ha favorito l'incisione della valle e permette di osservare anche le facies più interne del plutone. Dati strutturali pubblicati da ZANONI (2016), relativi al margine sudoccidentale del Plutone della Valle del Cervo, rivelano una storia deformativa polifasica duttile e fragile. Le strutture duttili precedono l'intrusione delle rocce ignee, ad eccezione di pieghe e zone di taglio nelle rocce incassanti della parte più profonda del plutone. Le strutture fragili, costituite da fasce cataclastiche e fratture interessano sia le rocce plutoniche che le rocce incassanti; nello studio vengono individuate diverse fasce cataclastiche di cui una tra il Monte Tovo e il Monte Mazzaro, di circa 10 metri di spessore, che interseca sia le rocce plutoniche che le rocce incassanti. Nelle rocce plutoniche le fratture da raffreddamento magmatico in alcuni casi sono riempite da clorite, epidoto, tormalina e anfibolo. Nelle rocce incassanti i sistemi di fratture mineralizzate sono riempite da clorite, epidoto, tormalina, anfibolo e quarzo. Le strutture fragili sono posteriori all'intrusione del plutone e potrebbero essere correlate all'attività delle zone di faglia della Linea del Canavese e della Linea della Cremosina ad eccezione della fascia cataclastica tra il Monte Tovo e il Monte Mazzaro che è interpretata come una faglia inversa.
Alla Cima della Raja, nella Valle del Torrente Dolca (affluente del Torrente Sessera) è presente un piccolo affioramento isolato dalla massa principale (CASOLI & BIASETTI, 1997) e anche in Valle Oropa nell'incisione torrentizia del Rio Grande di Oropa. Nello studio condotto da ROSSETTI et al. (2007) vengono descritti, in Val Sessera, piccoli corpi intrusivi isolati dalla massa principale che presentano un ampio spettro composizionale; questi corpi intrusivi isolati sono ritenuti coevi con le rocce ignee terziarie dell'area di Biella, appartengono al magmatismo oligocenico e hanno affinità da calcalcalina alta in potassio a shoshonitica. Queste rocce sono interpretate come prodotti di cristallizzazione e differenziazione precoci, derivati dai magmi primari del corpo intrusivo principale che hanno subito una ricristallizzazione metamorfica di contatto connessa con la messa in posto del plutone. Per quel che riguarda le relazioni intrusive del plutone, gli autori ritengono che le rocce monzonitiche si siano cristallizzate per prime, seguite dalla messa in posto del complesso sienitico e infine della parte centrale granitica-granodioritica; i dati geochimici e i rapporti isotopici indicano due distinte fonti magmatiche, una per la monzonite, l'altra per la sienite e il granito centrale che si sono evoluti attraverso un processo di differenziazione. Sia il complesso monzonitico che quello sienitico mostrano una foliazione magmatica ben sviluppata caratterizzata dall'orientamento dei cristalli di feldspato di potassio con forma tabulare.
Il Plutone della Valle del Cervo con la sua intrusione in una zona crostale più fredda ne ha perturbato lo stato termico e insieme all’attività dei fluidi ha dato luogo a trasformazioni termometamorfiche nelle rocce incassanti formando intorno a sé un’aureola metamorfica; le rocce incassanti appartengono alla Zona Sesia-Lanzo, attribuita al Dominio Austroalpino. Le trasformazioni sono più intense all’immediato contatto del corpo magmatico per poi diminuire gradualmente verso il margine esterno dell’aureola metamorfica sino a scomparire. Nelle zone più calde, in prossimità del contatto con il plutone, le rocce incassanti hanno subito maggiormente gli effetti del termometamorfismo trasformandosi in tipiche cornubianiti. La termobarometria delle rocce ignee e metamorfiche di contatto rivela che il Plutone della Valle del Cervo si è cristallizzato a una temperatura di circa 700-750 C° (ZANONI et al., 2010). Nello studio condotto da ZANONI et al. (2008) si evidenzia che l'effetto di ricristallizzazione dovuto al metamorfismo di contatto nelle rocce incassanti metapelitiche aumenta gradualmente verso il margine del plutone, con sostituzioni mineralogiche che corrispondono anche a un netto cambiamento nella struttura delle rocce incassanti; l'aureola metamorfica ha un'estensione irregolare, essendo più ampia nella parte settentrionale; la differente permeabilità dei litotipi incassanti, responsabile della localizzazione di fluidi, e le relazioni di orientazione tra le foliazioni delle rocce incassanti e il margine del plutone sono i fattori che probabilmente determinano l'estensione dell'aureola metamorfica. Lo studio di FIORENTINI POTENZA (1969) prende in considerazione il movimento di elementi avvenuto, per l'azione metasomatica del magma intruso, sulle pareti delle rocce incassanti; le cornubianiti che si sono formate in seguito a questo processo sono denominate in modo diverso a seconda dei settori di aureola metamorfica presi in considerazione e in funzione dei litotipi dai quali derivano. Il magma con la sua azione metasomatica sulle pareti delle rocce incassanti ha trasformato i micascisti eclogitici in cornubianiti biotitiche grigio-violacee, gli gneiss minuti in cornubianiti grigio-verdi e gli gneiss occhiadini in cornubianiti occhiadine grigie; cornubianiti scistose si trovano frequentemente come inclusi poco riassorbiti sia nelle monzoniti periferiche che nelle sieniti della parte mediana del Plutone della Valle del Cervo. ROSSETTI et al. (2007) oltre a fornire un resoconto sulla distribuzione e petrografia dei piccoli stock intrusivi isolati all'interno delle rocce metamorfiche in Val Sessera e sulle relazioni intrusive del plutone, descrivono l'attività idrotermale che interessa il plutone, i piccoli corpi intrusivi e le rocce Sesia-Lanzo; gli autori ritengono che esista uno stretto legame tra l'evoluzione tardo-magmatica del Plutone della Valle del Cervo e almeno gli stadi precoci dell'attività idrotermale multifasica, caratterizzati dalla circolazione di fluidi con elevato contenuto di boro. Una complessa storia di deformazione fragile si manifesta con insiemi di fratture, faglie e zone di taglio fragili diversamente orientate con circolazione di fluidi e riempimenti minerali che hanno interessato sia il plutone che le rocce incassanti. All’interno del Plutone della Valle del Cervo si riscontrano diversi tipi di mineralizzazioni idrotermali costituite da molibdeno e tungsteno in sistemi di vene, mentre lungo una fascia con andamento da sud-ovest a nord-est che si estende dalla parte centrale granitica al complesso monzonitico in Val Sessera diversi tipi di vene ricche di quarzo presentano mineralizzazioni polimetalliche contenenti rame, piombo, argento, oro, tungsteno e molibdeno; nelle rocce incassanti della Zona Sesia-Lanzo, in Val Sessera, all'interno di vene contenenti tormalina si trovano arricchimenti in ferro, mentre nelle vene contenenti ankerite, quarzo e solfuri si trovano arricchimenti in rame. Al margine sud-orientale del plutone, in Valle Cervo, si è sviluppata un'evoluzione idrotermale multistadio che ha interessato le rocce incassanti della Zona Sesia-Lanzo e la loro copertura vulcanica terziaria; in questo settore nelle vene multistadio contenenti tormalina e brecce si sono formate mineralizzazioni a rame, piombo, argento, tungsteno e oro; i solfuri sono i minerali più abbondanti con presenza di pirite, calcopirite, arsenopirite, tetraedrite, galena, hessyte, tetradimite, solfosali a bismuto e in minor misura scheelite e magnetite (fig. 4). La presenza di mineralizzazioni ha dato luogo in passato a coltivazioni minerarie; le più importanti in alta Valle Cervo sono state all'Alpe Machetto (molibdenite), alle Tegge del Campo, alle Tegge del Castelletto e in prossimità di Sassaia; si tratta di di mineralizzazioni a solfuri misti nei quali era presente anche dell'oro. In Val Sessera si hanno le testimonianze principali nei siti archeominerari di Argentera, Torrette, Piana del Ponte e di Alpe Rondolere. Nella bassa Valle Cervo si ha testimonianza nelle miniere di Oneglie.
Fig. 4. Schizzo geologico delle valli Cervo e Sessera con indicati i diversi tipi di mineralizzazioni idrotermali (da ROSSETTI et al., 2007, p. 225).
FIORENTINI POTENZA (1961) riferisce di una facies rocciosa di colore biancoverde inclusa nella sienite violacea che affiora nei pressi di Orio delle Vigne (Riabella). Si tratta di albititi che si sarebbero formate per metasomatismo sodico pneumatolitico-idrotermale sulla roccia sienitica, a chimismo potassico; potrebbe trattarsi della conseguenza localizzata dell'attività pegmatitica potassica, filoniana, che ha interessato tutte le facies della massa intrusiva; se le azioni idrotermali o pneumatolitiche sono avvenute sulla roccia madre, fanno rientrare il fenomeno nell'ambito della autometasomatosi. CANEPARI & FIORENTINI POTENZA (1962) espongono i risultati delle ricerche roentgenografiche sulla wulfenite, minerale molto raro per l'Italia, trovata in un filone di quarzo attraversante la monzonite della Valle del Cervo.
Le rocce del Plutone della Valle del Cervo contengono elementi radioattivi; sono presenti radionuclidi naturali di uranio e torio in concentrazioni superiori alla media. Esiste una correlazione tra la sienite e i livelli di radon che è un gas radioattivo, presente nel terreno e nelle rocce, ed è un prodotto di decadimento dell'uranio. Le rocce plutoniche sono rocce intrusive che attraverso la contaminazione crostale hanno incorporato radionuclidi presenti nelle rocce preesistenti; la cristallizzazione differenziata del magma può dare luogo alla concentrazione di determinati elementi, compresi quelli radioattivi, in specifiche fasi mineralogiche. Le misurazioni effettuate collocano la Valle Cervo tra le aree ad alta radioattività naturale. Anche al di fuori dell'area di affioramento del plutone, lungo il corso del Torrente Cervo, dove sono presenti i depositi alluvionali quaternari, la componente detritica derivante da rocce ad elevato potenziale radiogenico può dare luogo a una significativa variabilità nella concentrazione naturale di radionuclidi rispetto alla radioattività naturale. FIORENTINI POTENZA (1958) descrive il ritrovamento di autunite negli aggregati di lamelle di mica verde di uranio presente in sottili litoclasi di alcune facies aplitiche della sienite. L'autunite è un minerale radioattivo, chimicamente un fosfato idrato di calcio e uranio. Dati relativi alla radioattività di tutta l'area plutonica sono reperibili nello studio condotto da FIORENTINI POTENZA (1959); l'area occupata dalle rocce intrusive risulta dalle due alle tre volte, almeno, più radioattiva della circostante area dei micascisti. Nello studio è pubblicata una carta di distribuzione dell'attività gamma che viene rappresentata da linee isorad; si può vedere come la radioattività aumenti sensibilmente dal nucleo in modo pressappoco centrifugo e che per ogni facies petrografica considerata corrispondono valori medi tipici che la definiscono. Una mappa isorad è una rappresentazione cartografica che indica la distribuzione spaziale della radioattività utilizzando linee chiamate "isorads" che collegano punti con la stessa intensità di radiazioni ionizzanti, in questo caso naturali, in un'area specifica (fig. 5).
Fig. 5. Carta di distribuzione dell'attività gamma nel Plutone della Valle del Cervo (da FIORENTINI POTENZA, 1959, Tav. II).
Come accennato più sopra, il Plutone della Valle Cervo è solcato dal Torrente Cervo da Fraz. Bogna a monte di Rosazza; più precisamente, i primi affioramenti delle rocce plutoniche sono esposti nell'alveo del Torrente Cervo, circa 180 metri a valle del ponte sul quale passa il sentiero E12 che dalla SP 100 sale alla Fraz. Riabella; a monte di Rosazza, gli ultimi affioramenti delle rocce plutoniche, verso nord-ovest, si possono osservare lungo la pista E77, in direzione di Fienbello, sino a circa 170 metri prima dell'attraversamento del Rio du Rane. Il plutone deborda sia in Valle Oropa che in Val Sessera. Nella Valle del Torrente Oropa le rocce monzonitiche affiorano sui versanti del Cimone, del Monte Becco, della Cima Tressone e sulla linea displuviale a partire da sud-est del Cimone sino a poco oltre la Cima Tressone (figg. 6-7); affiorano anche alla base del versante sud-est del Monte Tovo. A seguito di uno smottamento, lungo la SP 513 poco oltre il secondo tornante dopo il Delubro, affiora la monzonite al di sotto della coltre eluviale; questo affioramento si può considerare il più occidentale in Valle Oropa e la monzonite presenta una struttura con foliazione magmatica (figg. 8-9). Dopo l'attraversamento del Rio Orsuccio, sempre lungo la SP 513, affiora nuovamente la monzonite e poi dopo il Rio dell'Inferno la strada attraversa la zona monzonitica situata sul versante ovest del Monte Becco. La monzonite, appartenente al piccolo affioramento isolato dalla massa principale presente in Valle Oropa, la si può osservare percorrendo il sentiero D15 dopo aver attraversato il Rio Grande di Oropa in direzione di C.na Capitania. Sulla dorsale spartiacque tra la Valle Cervo e la Val Sessera, appartengono al plutone la Cima delle Guardie (2007 m s.l.m., punto più alto della formazione rocciosa), la Cima del Bonom e la Colma Bella. Sulla vetta della Colma Bella hanno termine gli affioramenti monzonitici dello spartiacque, mentre a sud-sud-ovest un accumulo di detrito di falda monzonitico è l'ultima testimonianza degli affioramenti del plutone nell'alto versante della Valle Cervo prima delle pendici del Monticchio (fig. 10). In Val Sessera le rocce plutoniche formano una propaggine verso nord-nord-est solcata dal Torrente Sessera, che raggiunge la sua massima espansione all'Alpe Piovale (fig. 11) e nelle pendici di Colma del Balmello. In Valle Cervo il plutone ha uno sviluppo superficiale maggiore di quello presente nelle due valli limitrofe; oltre alle cime citate fanno parte del plutone, all'interno del bacino idrografico: la Rocca Colombaro, il Monte Mazzaro, la Cima Trugetta, la Punta Pernicile, la Punta Pietraccia, il Becco di Beccara e il Monte Pila. Tutta la superficie occupata dalle rocce plutoniche, ma in particolare quella della Valle Cervo, costituisce un tipico paesaggio granitico modellato dagli agenti geomorfologici. In tutta l'area la frequenza di affioramento roccioso è molto alta. Il fondovalle, da Fraz. Bogna a Mulino Pianelli è inciso nell'unità sienitica, formata da roccia molto dura, e quindi si presenta stretto e con ripidi versanti. Al di sotto delle case della Balma, il Torrente Cervo offre un esempio di alveo scavato nella roccia, visibile dal ponte attraversato dal "sentiero del canale" (fig. 12); proseguendo lungo questo sentiero, in direzione sud e sul fianco destro orografico della valle, si possono osservare specchi di faglia solcati dalle striature che si formano a seguito del movimento tettonico (figg. 13-14). La sienite è presente in moltissimi affioramenti, forma pareti, pinnacoli e detrito di falda ed è osservabile nell'alveo del Torrente Cervo (fig. 15) e nelle numerose cave non più attive; la Cava della Balma è un sito storico legato all'estrazione della sienite, ora riqualificato in un'area con attività ricreative (figg. 16-17); si osservano con una certa frequenza filoni aplitici e inclusi femici microgranulari (figg. 18-19). Proseguendo verso Campiglia Cervo, si raggiunge l'unità granitica; sia il granito biancastro che quello rosa porfirico dell'anello che lo circonda sono facilmente alterabili e danno luogo a una risposta geomorfologica che si esprime con un allargamento del fondovalle e con la formazione di piane alluvionali. Questi graniti si presentano a tratti sgretolati e non formano significativi accumuli di detrito di falda. Il granito biancastro lo si può osservare nei dintorni di Campiglia Cervo; si presenta con struttura a grana fine o con megacristalli di feldspato di potassio che possono arrivare sino a 3-4 cm di lunghezza con orientamento casuale (figg. 20-22); le figure 23 e 24 mostrano un esempio di dicco femico, in prossimità del capoluogo di Campiglia Cervo. L'anello di granito rosa porfirico che circonda quello biancastro presenta grandi cristalli di ortoclasio rosa, inclusi femici grigio scuri a grana fine, ed è osservabile negli affioramenti rocciosi, nell'alveo del Torrente Cervo, in quelli dei suoi affluenti e nelle scarpate stradali (figg. 25-27); le rocce dell'unità granitica, come già accennato, sono facilmente alterabili, vanno soggette ad alterazione caolinica e ocracea, formano potenti coltri di alterazione eluviale costituite da sabbioni incoerenti o pseudocoerenti di feldspati bianchi o rosa (fig. 28). Poco prima di Rosazza il fondovalle si restringe perché nuovamente modellato nell'unità sienitica; in questo settore la fascia sienitica ha uno spessore decisamente ridotto rispetto a quello che ha nel settore sud. A Rosazza il Torrente Cervo, dopo aver ricevuto le acque del Torrente Pragnetta, forma un'ansa, con una curvatura di circa 90°, seguita da una gola scavata nella sienite e visibile dal Ponte Concresio; la variazione di direzione dell'alveo del torrente è certamente determinata da fattori geostrutturali; la presenza della sienite, roccia molto resistente all'erosione, può aver deviato il corso del torrente che ha scavato l'alveo seguendo linee di debolezza strutturale, date dalle litoclasi, che hanno influenzato l'erosione. Nel fondo della gola si osserva la sienite levigata dal passaggio dell'acqua e priva di patine di alterazione; la roccia presenta inclusi femici e filoni aplitici (figg. 29-32). Nella parte bassa della Valle del Torrente Pragnetta, tra Rosazza e San Giovannino, in particolare sul lato destro orografico, affiorano rocce monzonitiche; presentano xenoliti angolosi provenienti dal basamento prealpino intruso dal plutone nella Zona Sesia-Lanzo, vene aplitiche e rari inclusi femici microgranulari (figg. 33-35). Nell'alveo del Torrente Pragnetta gli affioramenti di rocce monzonitiche sono presenti, ancora per un breve tratto, a monte dell'attraversamento del sentiero E34; sulla destra orografica le monzoniti delimitano il plutone all'incirca da San Giovannino alla dorsale nord del Monte Tovo dove affiorano sino a quota 1900 metri circa (fig. 36). L'espressione cartografica delle rocce plutoniche nella Valle del Torrente Pragnetta delimita un'area, a forma lobata, che rappresenta la massima espansione del plutone verso ovest. Nell'alveo del Rio Sesina, in prossimità della sua confluenza nel Torrente Pragnetta, in una zona prossima al contatto con le rocce incassanti, la monzonite è cataclastica per via della presenza di una zona di faglia, probabilmente una faglia radiale; il metamorfismo dinamico ha formato una fascia di rocce cataclastiche, frantumate e riequilibrate, con formazione di nuovi anfiboli e ricristallizzazione del feldspato di potassio che forma una matrice di colore rosato (figg. 37-38). La sienite non raggiunge le quote altimetriche della monzonite, tuttavia sul lato destro orografico della Valle Cervo forma il rilievo della Rocca Colombaro che è caratterizzato da una notevole parete di roccia sienitica, alta circa 110 metri, rivolta a nord-nord-ovest e che presenta ben visibile il sistema di diaclasi (fig. 39). Il Becco di Beccara che sovrasta Rosazza verso sud è una torre di erosione nella sienite. Pur essendo una roccia dura, anche la sienite, come altre rocce, non è uniformemente resistente; giunti e fratture sono linee di debolezza che favoriscono l'erosione differenziale, che erode più velocemente le parti più tenere creando gradualmente forme del rilievo come il becco citato (fig. 40). La fig. 41 mostra altre forme torreggianti nella sienite, anche se meno spettacolari, all'Alpe Testette lungo la SP 513. Le rocce plutoniche danno luogo a forme caratteristiche dovute alla risposta geomorfologica in presenza di erosione e alterazione; presentano una caratteristica fratturazione che è dovuta al raffreddamento che avviene nelle profondità della crosta terrestre, quando si hanno stress tensili ortogonali al contatto intrusione-roccia incassante, con la formazione di giunti. Le rocce una volta esposte in superficie sono soggette all’azione degli agenti esogeni che si esplica attraverso modificazioni di tipo fisico e chimico. I processi di disfacimento si verificano in posto, ovvero senza che avvenga trasporto. Se due o più sistemi di diaclasi si intersecano la degradazione meteorica può causare la frammentazione di una formazione rocciosa in grandi pinnacoli, colonne e blocchi. In tutte le unità petrografiche del Plutone della Valle del Cervo si può osservare la tipica fratturazione descritta (figg. 42-44). Nella parte sommitale di Cima Tressone si ha un esempio della fratturazione della monzonite, come si può vedere in figura 7, e un caratteristico tor di versante poco sotto la dorsale sud-est, lato Valle Cervo. I tors sono costituiti da ammassi di grossi blocchi sovrapposti in pile dall’aspetto precario. Sono morfotipi tipici delle zone granitiche e non solo, scolpiti da agenti meteorici secondo tre sistemi di fratturazione, uno orizzontale e due verticali perpendicolari fra loro, che isolano i blocchi stessi e che costituiscono le vie preferenziali della degradazione meteorica. Sono forme tipiche delle superfici rocciose montane non toccate dall’esarazione glaciale, residui di affioramenti rocciosi e prodotti dall’erosione selettiva (fig. 45). L'esarazione glaciale, infatti, non ha interessato, o solamente in minima parte e alle quote più elevate, la superficie affiorante del Plutone della Valle del Cervo. La tipica fratturazione della monzonite, sullo spartiacque tra la Valle Cervo e la Val Sessera, è la causa della formazione di un caratteristico arco di crollo (fig. 46). Altre forme tipiche d'erosione delle monzoniti sono presenti nell'alta valle del Rio Concabbia e particolarmente vistose sul lato destro orografico in prossimità del contatto con l'aureola metamorfica; in questo settore di affioramento le monzoniti formano pareti e torri d'erosione con vasti accumuli di detrito di falda alla loro base (figg. 47-48). Alla base degli affioramenti rocciosi, sia sienitici che monzonitici, sono presenti piccole o grandi falde detritiche; si presentano con blocchi spigolosi, di varie dimensioni, dovuti al disfacimento meteorico, che si sviluppa dall'esterno verso l'interno degli ammassi rocciosi sovrastanti, procedendo lungo le litoclasi; le rocce monzonitiche occupano la maggior superficie dell'area plutonica e anche le quote più elevate formando un numero maggiore di falde di detrito (figg. 49-50). Dove sono presenti rocce sienitiche e monzonitiche, in corrispondenza di frane o incisioni torrentizie appare la coltre detritico eluviale in sezione; questa coltre ricopre la roccia inalterata e può raggiungere parecchi metri di spessore; è uno strato di materiale sciolto, semicoerente, formato da detrito di versante di varie dimensioni, con frammenti di roccia che possono essere molto grandi e inalterati e da prodotti dell'alterazione della roccia madre a composizione sabbioso ghiaiosa; ha le caratteristiche mineralogiche della roccia di provenienza ed è situata in prossimità del punto di formazione o al più ha subito un limitato trasporto ad opera delle acque di ruscellamento (fig. 51). Quando un corso d'acqua in occasione degli eventi di piena si sdoppia in due canali, la coltre detritico eluviale viene incisa da due canali d'erosione ravvicinati; se la zona intermedia rimane intatta si forma una cresta detritica, come ad esempio quella formata dal Rio Pisola, sul versante nord del Monte Becco (fig. 52). Ovviamente, nell'area occupata dal Plutone della Valle del Cervo esistono fenomeni franosi costituiti da frane di crollo e di ribaltamento in presenza di rocce compatte; in presenza della coltre detritico eluviale, si hanno scivolamenti e colate, dovuti agli eventi meteorici. Nell'area plutonica gli affluenti del Torrente Cervo a causa della forte inclinazione e portata non formano significativi depositi fluviali, fa eccezione il Rio Bele che forma un conoide alluvionale in corrispondenza della Frazione Oretto (fig. 53). Foliazioni magmatiche nella monzonite si possono osservare, ad esempio, in Val Sessera, all'Alpe Artignaga (fig. 54) e a monte dell'Alpe Piovale. Le cornubianiti si osservano, dove affiorano, nell'aureola metamorfica; sono diversi i percorsi che senza difficoltà ne permettono l'osservazione in Valle Oropa, in Valle Cervo e in Val Sessera (figg. 55-57). Le cornubianiti fanno parte dei depositi alluvionali di tutti quei corsi d'acqua che incidono l'aureola metamorfica, quali per esempio il Torrente Oropa, il Rio Orsuccio, il Rio Luchiama, il Torrente Pragnetta, il Torrente Chiobbia, il Torrente Valdescola, il Rio Concabbia, il Rio Bogna, il Canale Teggie Piane e il Torrente Sessera. Il Torrente Cervo oltre ad avere rocce cornubianitiche nei propri depositi alluvionali provenienti dagli affluenti, attraversa l'aureola metamorfica e ne erode le rocce tra Piedicavallo e Rosazza e a valle di Fraz. Bogna dove le rocce sono ben esposte e prive di patine di alterazione (figg. 58-60). I toponimi indicati sono stati tratti da (1).
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Fig. 6. Affioramenti di monzonite sui versanti del Cimone in Valle Oropa.
Fig. 7. Affioramenti di monzonite sulla Cima Tressone, versante della Valle Oropa.
Fig. 8. Affioramento di monzonite, a seguito di uno smottamento, lungo la SP 513 in Valle Oropa.
Fig. 9. Particolare della figura precedente, dove si nota la monzonite che presenta foliazione magmatica.
Fig. 10. Detrito di falda monzonitico sul versante sud-sud-ovest della Colma Bella, a sinistra della linea rossa che indica il termine degli affioramenti plutonici nell'alto versante della Valle Cervo.
Fig. 11. Affioramenti di monzonite a monte dell'Alpe Piovale, in Val Sessera.
Fig. 12. Alveo scavato nella sienite, Torrente Cervo al di sotto delle case della Balma.
Fig. 13. Specchi di faglia solcati da striature che si sono formate a seguito del movimento tettonico, "sentiero del canale".
Fig.14. Specchio di faglia solcato da striature che si sono formate a seguito del movimento tettonico, "sentiero del canale".
Fig. 15. Affioramenti di sienite nell'alveo del Torrente Cervo a sud di Fucina.
Fig. 16. Cava della Balma.
Fig. 17. Sienite, Cava della Balma.
Fig. 18. Filoni aplitici nella sienite, SP 115.
Fig. 19. Inclusi femici microgranulari nella sienite, Torrente Cervo.
Fig. 20. Granito biancastro con struttura a grana fine, ovest di Rio Freddo, Campiglia Cervo.
Fig. 21. Granito biancastro con struttura a grana fine, ovest di Rio Freddo, Campiglia Cervo.
Fig. 22. Granito biancastro con megacristalli di feldspato di potassio, sentiero E28, Campiglia Cervo.
Fig. 23. Dicco femico, SP 514.
Fig. 24. Particolare della figura precedente.
Fig. 25. Granito rosa porfirico con grandi cristalli di ortoclasio rosa, Torrente Cervo.
Fig. 26. Incluso femico grigio scuro a grana fine nel granito rosa porfirico, Torrente Cervo.
Fig. 27. Incluso femico grigio scuro nel granito rosa porfirico, Torrente Cervo.
Fig. 28. Coltre di alterazione eluviale del granito, SP 514.
Fig. 29. Gola scavata nella sienite, Torrente Cervo, Rosazza.
Fig. 30. Incluso femico nella sienite, gola del Torrente Cervo, Rosazza.
Fig. 31. Filone aplitico nella sienite, gola del Torrente Cervo, Rosazza.
Fig. 32. Filone aplitico nella sienite con nervo pegmatitico, gola del Torrente Cervo, Rosazza.
Fig. 33. Xenolite angoloso proveniente dal basamento prealpino, incluso nella monzonite, Torrente Pragnetta.
Fig. 34. Vena aplitica nella monzonite, Torrente Pragnetta.
Fig. 35. Incluso femico microgranulare nella monzonite, Torrente Pragnetta.
Fig. 36. Limite degli affioramenti plutonici (linea rossa), a quota 1900 m circa, sulla dorsale nord del Monte Tovo al di là della quale si trova la Valle del Torrente Pragnetta.
Fig. 37. Roccia cataclastica nell'alveo del Rio Sesina.
Fig. 38. Fig. 37. Roccia cataclastica nell'alveo del Rio Sesina.
Fig. 39. Rocca Colombaro con la parete sienitica rivolta a nord-nord-ovest.
Fig. 40. Becco di Beccara, Rosazza.
Fig. 41. Forme torreggianti nella sienite, Alpe Testette, SP 513, Valle Cervo.
Fig. 42. Tipica fratturazione nel granito rosa porfirico, SP 514.
Fig. 43. Tipica fratturazione nella sienite, Torrente Cervo.
Fig. 44. Tipica fratturazione nella monzonite, Torrente Pragnetta.
Fig. 45. Tor di versante, poco sotto la dorsale sud-est di Cima Tressone, lato della Valle Cervo.
Fig. 46. Arco di crollo, sullo spartiacque tra la Valle Cervo e la Val Sessera.
Fig. 47. Affioramenti monzonitici che formano pareti, torri d'erosione e accumuli di detrito di falda, Val Concabbia.
Fig. 48. Affioramenti monzonitici che formano pareti, torri d'erosione e accumuli di detrito di falda, Val Concabbia.
Fig. 49. Falda di detrito sienitico ripresa dalla SP 513, Valle Cervo.
Fig. 50. Falda di detrito monzonitico, al di sotto della dorsale tra la Cima del Bonom e la Colma Bella, versante della Valle Cervo.
Fig. 51. Coltre detritico eluviale, Rio Pisola, versante nord del Monte Becco.
Fig. 52. Cresta detritica formata dal Rio Pisola, versante nord del Monte Becco.
Fig. 53. Conoide alluvionale del Rio Bele, Frazione Oretto, Valle Cervo.
Fig. 54. Monzonite che presenta foliazione magmatica, Alpe Artignaga, Val Sessera.
Fig. 55. Affioramento di cornubianite, sentiero D15, Valle Oropa.
Fig. 56. Affioramento di cornubianite, sentiero E7 a est del Rio Luchiama, Valle Cervo.
Fig. 57. Affioramento di cornubianite, in prossimità del Canale Teggie Piane, Val Sessera.
Fig. 58. Affioramento di cornubianite, Torrente Cervo, tra Rosazza e Piedicavallo.
Fig. 59. Affioramento di cornubianite, Torrente Cervo, a sud-sud-est di Frazione Bogna.
Fig. 60. Affioramento di cornubianite, Torrente Cervo, a sud-sud-est di Frazione Bogna.
Ultima modifica: 23 agosto 2025